In Egitto niente Twitter e Facebook ma soprattutto niente internet. Ma la "rete è grande" e c'è sempre qualcuno che tira un "filo" a cui aggrapparsi. Scendono in campo i "net activists" che riaccendono i modem come ai "vecchi tempi" e si muovono i radioamatori. Risultato: si comunica.

Internet è offline in Egitto, o meglio, come dicono alcuni osservatori, Internet si è persa l'Egitto. Difatti in Egitto da venerdì la rete mondiale di comunicazione è stata "staccata" e non si capisce bene come tecnicamente questo sia stato possibile, se non con la complicità di tutta la filiera delle telecomunicazione del Paese (chiaramente anche obtorto collo). Se infatti digitate sul vostro browser l'indirizzo di famosi siti egiziani (ad esempio "egyptianmuseum.gov.eg", sito ufficiale del Museo Egizio del Cairo) questi risulteranno irraggiungibili, ciò significa che il governo, a quanto dicono gli esperti, ha anche agito a livello di DNS.

Il fatto che internet possa essere chiusa dai governi con grande facilità fa scandalizzare il mondo, ma proprio come la radio e la tv, ogni governo ha i mezzi per imporre un blackout immediato alla rete. Come ogni governo ha anche i mezzi per censurare il web in tempo reale, come dimostrano non solo la Cina e la Birmania, ma anche Paesi del civilissimo "occidente". E così è stato anche in Egitto. Ma la rete è immensa e piena di "buoni samaritani" pronti a dare una mano e a cercare di aiutare chi è rimasto a secco di linee. Il fatto che la "rivoluzione egiziana" sia poi vista "di buon occhio" dagli Stati Uniti, come le recenti dichiarazioni di Hillary Clinton hanno fatto intendere, ovviamente rende per una volta il compito facile ai "net attivisti" che, questa volta, non sono visti come i soliti terribili hacker che attentano alla "sicurezza nazionale".

Se infatti qualcosa si sa dall'Egitto in queste ore drammatiche è grazie al fatto che le informazioni stanno circolando nel mondo grazie a "telefoni fissi" e a strumenti "demodé" quali fax e radioamatori (attenzione, i radioamatori sono sempre e saranno sempre i più "avanti" di tutti). Pare che un solo ISP, quello di Noor Group, abbia continuato a funzionare (anche se a singhiozzo), tutti gli altri hanno chiuso i battenti sembra per ordine diretto del governo egiziano (almeno per quanto si riesce ad estrapolare dalle notizie convulse). Alcune zone del Cairo sono anche senza rete cellulare ma i telefoni fissi ancora funzionano e grazie al vecchio "doppino" (incubo quotidiano per le vittime del "digital divide" italiano) parte la riscossa egiziana per "riconnettersi" ad internet.

"We Rebuilt" (gruppo di net attivisti che "hanno unito le forze per collaborare su questioni che riguardano l'accesso a un Internet libero senza sorveglianza intrusiva") ha infatti messo a disposizione degli egiziani un numero "dial-up" (in Svezia) per connettersi con il resto del mondo. Il gruppo afferma che sabato sera internet era "ancora giù" ma sono stati ricevuti alcuni messaggi dai radioamatori egiziani. Sono state ricevute telefonate dall'Egitto tramite modem e sembra che il sistema messo su dagli attivisti della rete funzioni. Inoltre il gruppo fa sapere che sta preparando "tunnels, proxies and cryptography" per quando internet tornerà nel Paese. E la prossima sfida sarà proprio quella di "non farsi tracciare", quando in Egitto internet si riaccenderà, magari temporaneamente.

E' stato segnalato anche da Tor Project il fatto che prima che in Egitto internet si spegnesse ci fosse un'impennata di utenti che cercavano di utilizzare il famoso "network a cipolla" che difende la privacy e la libertà di espressione grazie ad un proprio "network" tecnologico. Da tutto questo molti pensano che conservare il proprio vecchio modem non sia una cattiva idea, anche in Italia.

Giampiero Zoffoli

Fonte: MainFatti.it