Il raggio della luce ha 50 anni - la nuova sfida è creare energia

Fu il fisico americano Theodore Maiman a realizzarne uno sperimentale per la prima volta nel 1960. I suoi punti di forza sono la precisione e la potenza. E per il futuro si pensa alla fusione nucleare

QUANDO il fisico americano Theodore Maiman lo accese per la prima volta nel 1960, i suoi colleghi risero di quella "soluzione in attesa di un problema". Ma se si riaffacciassero oggi, 50 anni dopo la realizzazione del primo apparecchio laser, non troverebbero più un angolo che non sia raggiunto dai suoi raggi colorati. Dalle casse del supermercato ai lettori dvd fino ai "bisturi" per la chirurgia, ai puntatori che ogni conferenziere stringe fra le dita e ai misuratori di velocità della polizia, sono incalcolabili gli usi del principio "l'unione fa la forza" applicato alle radiazioni luminose. Se infatti la luce disordinata che è intorno a noi è perfetta per consentirci di vedere, quando i raggi si incolonnano e iniziano a danzare all'unisono diventano capaci di tagliare il metallo più duro o di penetrare il cielo più buio. Basta un laser della potenza di un asciugacapelli, per esempio, per attraversare una lastra di tre centimetri di acciaio.

 



I problemi sono arrivati in fretta a salvare Maiman dall'oblio, a trovare impiego al laser e a dare concretezza a quegli studi che andavano avanti da decenni affondando le radici nelle teorie di un Albert Einstein che nel 1917 si dedicò al tema dell'emissione stimolata di radiazione: la teoria che oltre 40 anni più tardi si fece raggio laser, e che dal 1964 in poi ha garantito una manciata di premi Nobel per la fisica agli scienziati che hanno ricoperto le tappe intermedie.

Accanto all'indifferenza di alcuni, l'altra reazione scatenata dall'invenzione del laser fu la paura. E anche se il fascio di luce descritto dai primi spettatori spaventati come "il raggio della morte" non ha mai fatto male a nessuno se non nei film di guerre stellari (e agli automobilisti multati dalla stradale), oggi una delle principali applicazioni è proprio nell'industria militare, grazie alla finezza del suo occhio in grado di guidare missili e canne di fucile. Sul piatto della bilancia del giudizio finale, però, il laser avrà molte carte da giocare a proprio favore, prima di tutte quella medica. La precisione e l'energia concentrata nella marcia ordinata della radiazione luminosa consentono di distruggere calcoli renali, operare con una risoluzione millimetrica sia gli occhi che il cervello e perfino - replicando a chi temeva di finire fritto sotto al "raggio della morte" con una certa dose di frivolezza - rendere più liscia la pelle.

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Bellezza, tempo libero, spettacoli di luce nel cielo e mini-puntatori che a volte per dispetto finiscono negli occhi altrui. Ma le ambizioni per il futuro sono ben altre. Come dimostrano i progetti dei "laser a elettroni liberi" che permettono di osservare singoli atomi e molecole in movimento. Qui la radiazione che marcia dritta e ordinata viene prodotta da elettroni spinti quasi alla velocità della luce dentro acceleratori di particelle come quello in funzione a Frascati, vicino Roma. Sono raggi di energia altissima, inusitata, e per produrli servono "tubi" che raggiungono la lunghezza di alcuni chilometri, come avviene per primo il laser a elettroni liberi costruito negli Stati Uniti.

Ma l'ultimo problema con cui la soluzione laser si sta confrontando è quello dell'energia. A 192 apparecchi di potenza estrema realizzati al Lawrence Livermore National Laboratory statunitense, puntati tutti su una pallina di deuterio grande come un temperino e capaci di raggiungere per un istante i 33 milioni di gradi, sarà presto affidato il compito di "accendere il Sole sulla Terra". Cioè di innescare quella reazione di fusione nucleare che potrebbe un giorno forse risolvere i nostri problemi di energia.

Fonte: www.repubblica.it